Danzare per sentirsi liberi seppur costretti dai limiti oggettivi con cui la disabilità vuole tenere legate le persone che ne sono ferite è già un segno prodigioso. Se a farlo poi, oltre ai campioni nazionali ed internazionali della danza paraolimpica, è anche una bimba di soli 9 anni, savonese, indipendentemente da qualunque disabilità o gravità delle sue capacità compromesse, con cui deve fare i conti ogni santo giorno, beh…. Allora la vittoria diventa doppia, tripla…quadrupla…

Perché diventa la vittoria di ogni singolo attore coinvolto, oltre che la rivincita del mondo della disabilità, pediatrica e adulta, della civiltà, della vera inclusione sociale nello sport, nell’arte, nella cultura e nel tempo libero. Fatto questo che non è scontato avvenga e, soprattutto, che avvenga alla età di questa piccola, ma tanto coraggiosa, pioniera della danza sportiva ligure.

La vittoria è dei genitori che le hanno permesso di fare esperienza di tali emozionanti gratificazioni, certi che la sua forza sia un vero dono dal cielo, oltre che un miracolo che nemmeno i medici si sanno spiegare.

È la vittoria della sua scuola di danza che investe da anni, con estrema sensibilità, risorse, tempo e progetti credendo si possa crescere nella cultura dell’accoglienza della diversità, andando oltre qualsiasi barriera mentale che spesso sono le più difficile da abbattere rispetto a quelle architettoniche.

Ed è  anche la vittoria di chi l’ha preparata con dedizione e pazienza, il suo maestro di danza e la sua ballerina Elisabetta, incoraggiandola, accompagnandola sulla pista del palazzetto di Quiliano per uno tra i trofei più importanti della nostra provincia, il trofeo Mare e Monti, e seguendo, con silenziosa premura e rispetto dei suoi tempi, ogni oggettiva difficoltà nel riuscire ad eseguire o memorizzare una sequenza coreografia.

Infine diventa la vittoria del pubblico, dei loro occhi emozionati e grati, dei giornalisti, degli organizzatori e di chi ha potuto toccare con mano la leggerezza di corpi che “volano” danzando, nonostante il peso della carrozzina a cui sono costretti o del buio che avvolge i loro occhi ma non il loro cuore e la loro grande visione.